VERSO IL GIUBILEO DELLA MISERICORDIA ( 2)

Quante volte dovrò perdonare al mio fratello? Fino a sette volte? E Gesù : “ Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”. Cioè sempre. L’unica misura del perdono è perdonare senza misura. Ma perché farlo? La risposta è semplice e alta : perché così fa Dio con noi. Gesù lo spiega con la parabola dei due debitori ( cfr Matteo 18, 21- 35 ) : il 1° doveva una cifra straordinariamente grande al suo re, qualcosa che non sarebbe riuscito mai a pagare. Gettatosi a terra, lo supplicava di avere pazienza. E il re provò compassione : sente come sua l’angoscia del servo : essa conta per lui più dei suoi diritti di re; essa pesa più di 10.000 talenti, più di 100 miliardi di lire; essa allarga il cuore del re, che condona e azzera ogni debito.
Sì, c’è un modo regale di stare nel mondo, un modo divino, e sta nella larghezza del cuore.
La parola usata qui è la stessa che descrive la compassione di Gesù per il popolo, che è come un gregge senza pastore. E’ la stessa che descrive l’emozione del padre che vede il figlio da lontano, e gli corre incontro, e lo abbraccia e lo bacia.
In opposizione a questo cuore regale e divino, ecco il cuore servile, chiuso, sbarrato, insensibile, freddo come il ghiaccio di questo servo condonato : appena uscito, appena restituito ad un futuro di molte opportunità, appena restituito alla sua famiglia, ai suoi affetti più cari, ancora immerso in una gioia insperata, appena fatta l’esperienza di un cuore regale, quel servo trova un altro servo che gli deve un piccolissimo debito; prende il suo compagno per il collo, quasi lo strangola e gli grida : “ Ridammi il mio debito” , lui che si è visto perdonato di miliardi! Ridammi i miei cento denari! ( Una somma 600.000 volte inferiore alla somma a lui condonata!).
Che contrasto! Che diversità di stile! Ci si aspetterebbe che il servo, preso dalla gioia e dalla gratitudine per l’ azzeramento del suo debito, ritenesse normale azzerare a sua volta il piccolissimo debito. Ma quel servo non ha capito nulla. Il perdono non lo ha rinnovato, non lo ha rigenerato dentro.
C’è gente che crede che il perdono le sia dovuto; c’è gente che non comprende che il fatto di essere perdonata comporta entrare in un circolo nuovo di relazioni, nel quale non ci si attiene più ai criteri dello stretto dovuto, ma si diventa larghi di cuore e di attenzione, ricchi di tenerezza.
La conclusione della parabola sembra sottolineare che il perdono fraterno diventi condizione necessaria per ottenere il perdono di Dio. Come se fosse il nostro perdono a convincere Dio a perdonarci. Una simile impressione ci viene anche dal Padre nostro. Ma in realtà la prospettiva è da capovolgere: il perdono fraterno è la conseguenza del perdono di Dio.
La parabola sottolinea quanto sia degno di condanna il servo che non perdona, dal momento che egli fu per primo perdonato e condonato. Bisogna che sappiamo imitare il comportamento del nostro Dio, che ci dice: “ Amate i vostri nemici, pregare per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, che fa piovere sopra i giusti e sopra i colpevoli” ( Matteo 5, 44-45 ).

Sempre perdonati e sempre amati dal nostro Padre celeste e da Gesù Salvatore, diffondiamo e doniamo a tutti perdono e amore.

Don Lidovino