VESTIRE GLI IGNUDI

Venite benedetti….. ero nudo e mi avete vestito (Mt 25,34-359)

Quando si parla di nudità, si entra in un contesto estremamente delicato per ogni uomo, perché fa parte della propria intimità, un settore della vita che ognuno è chiamato a conservare con prudenza e rispetto verso se stesso.
E questo lo si fa “indossando l’abito” e facendo così in modo che il nostro presentarsi in società non susciti imbarazzo né personale né altrui.
La nudità, al contrario, espone l’uomo immediatamente al proprio senso del limite creaturale: l’uomo nudo è più esposto al freddo, alle malattie , alle contaminazioni.
Dal punto di vista religioso, e più esattamente della storia della salvezza, l’essere nudi indica il senso di inadeguatezza e di vergogna che provarono Adamo ed Eva dopo la trasgressione del comandamento di Dio, quando il Signore stesso dovette fare per l’uomo tuniche di pelle e vestiti (Cfr. Gn 3,21).
Questa cura che Dio ebbe per i progenitori, segno della sua misericordia nonostante il loro peccato, indica che la dignità di ogni uomo va oltre quanto può aver compiuto durante la vita in bene o in male, va oltre il confine del conoscersi o meno, dell’appartenere ad una nazionalità o a un’altra.
Ad ogni uomo va riconosciuto il diritto di poter “indossare un abito”, cioè di potersi presentare agli altri senza provare vergogna.
Vestire gli ignudi oggi, più che un atto meramente pratico, potrebbe divenire un impegno nel preservare il valore stesso dell’essere umano, rispettandolo e amandolo.

 

ALLOGGIARE I PELLEGRINI

“Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri” (1 Pietro 4,99)

Sarà successo a tutti di imbattersi in alcune località diverse dal consueto ambiente di vita e, vedendo il grado di ospitalità delle persone del luogo, di complimentarsi per la loro accoglienza e cortesia.
L’opera di misericordia che invita ad alloggiare i pellegrini, sebbene in origine potesse riferirsi a quanti si trovavano in viaggio per una motivazione di carattere religioso, oggi non perde di valore nelle mutate situazioni della nostra società, perché essa non si riferisce tanto al “chi” bisogna accogliere, ma al fatto “che” la nostra vita deve aprirsi con disponibilità all’altro.
Viviamo in un mondo in cui troppe volte siamo spaventati gli uni nei confronti degli altri, ci temiamo a vicenda, sempre pronti ad entrare in cause legali al primo screzio, fosse anche solo presunto.
Jean Daniélou ha una riflessione molto illuminante: “La civiltà ha fatto un passo decisivo, forse il passo decisivo, il giorno in cui lo straniero da nemico (hostis.) è divenuto ospite (hospes)”.
Ed è con questo spirito che bisogna affrontare le situazioni drammatiche del nostro oggi, in cui assistiamo a frequenti migrazioni, a sbarchi continui di profughi, a persone che bussano alle nostre porte e chiedono, prima che denaro, un sorriso di accoglienza e un tetto, dove poter sentirsi a casa.
La terra non è importante perché ci abitiamo noi, ma perché è lo spazio vitale voluto da Dio per ogni sua creatura.