PERDONARE LE OFFESE

Perdonare vuol dire abbandonare ogni risentimento e proposito di punizione e vendetta nei confronti di chi ci ha arrecato un’offesa o un danno.
Per esempio: condonare, assolvere, scusare, non condannare, usare benevolenza, risparmiare.
Per noi cristiani c’è l’impegno di guardare all’esempio di Gesù, il quale, sulla croce, ha pregato il Padre suo dicendo: “Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno” (Lc 23,34).
Che cosa dobbiamo perdonare?
Le offese in generale e in particolare gli affronti, le ingiurie, gli insulti, gli oltraggi, i danni, le lesioni, le provocazioni, le percosse, le molestie e anche le uccisioni.
Tutti sbagliamo sovente e in diversi modi sia contro il prossimo che contro Dio, ma tutti desideriamo comprensione e perdono sia da parte degli uomini che di Dio. Gesù ci avvisa: “Con la misura con cui misurate, sarete misurati anche voi” (Lc 6,38).
E ancora: “Padre, rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt 6,12).
Pertanto la promessa del perdono da parte di Dio è legata alla disponibilità nostra di perdonare.
La misericordia del Padre ci viene offerta a tutti, ma viene accettata e recepita solo quando essa ci rende a nostra volta misericordiosi.
Il più bel grazie che possiamo rivolgere a Gesù quando egli rimette generosamente i nostri peccati è quello di perdonare sempre le offese che riceviamo.
Facciamo risuonare nel nostro cuore le parole di Gesù:
Amate i vostri nemici; fate del bene a coloro che vi odiano.
Benedite coloro che vi maledicono.
Pregate per coloro che vi molestano.
Come voi volete che gli uomini facciano a voi, fatelo voi a loro.
Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
Non giudicate, e non sarete giudicati.
Non condannate, e non sarete condannati.
Rimettete, e vi sarà rimesso (cf Lc 6,27-38).

 

 

 

SOPPORTARE PAZIENTEMENTE LE PERSONE MOLESTE

Il cristiano vive immerso ogni giorno nelle sofferenze, che sono quelle di Cristo, e porta la croce, che è sempre quella di Cristo, per questo egli è consolato dal Signore Gesù e da lui stesso riceve la forza della pazienza (cfr 2 Cor 1,6).
Si tratta, dunque, di guardare con viva fede all’atteggiamento del Padre celeste verso questo mondo, e in particolare ammirare la volontà precisa del Signore Gesù verso la sua Chiesa per la quale egli ha dato tutta la sua vita fino alla croce.
Dio è paziente, non colpisce l’uomo peccatore, lo vuole salvare, egli trattiene la sua ira perché l’uomo si converta e viva.
In particolare Gesù, eterno Figlio del Padre, e fatto uomo nel seno di Maria Vergine, ha voluto portare su di sé la maledizione della croce, e sulla croce stessa ha soddisfatto pienamente alla giustizia del padre.
Per Gesù noi siamo salvati, in lui consolati e con lui fortificati per affrontare tutte le varie situazioni che la vita di credenti ci presenta.
Dio concede tutto a tutti, ma sa bene dove vuole arrivare: “Egli vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Tm 2,4).
Egli permette che il bene e il male convivano insieme, anche se i rischi sono molti. Egli è il più forte di tutti.
Non devo pensare che Dio guardi con indifferenza tutte le nostre situazioni e che lasci correre, lavandosene le mani.
Il Padre, appunto perché tale, soffre e ama.
La sua attesa è grande.
La sua pazienza è una potente prova d’amore: egli vuole soccorrere tutti quelli che ama.
A volte noi siamo troppo impazienti.
Troviamo troppo lungo il tempo concesso alla conversione dei cattivi e a un radicale cambiamento di coloro che ci danno tanti fastidi e ci combattono.
Gesù ci ama, e sa come deve fare per condurre i nostri cari alla pratica della religione.
Egli lo fa a modo suo e nei tempi che sono a sua disposizione.
La sua pazienza è disarmante.
Il tempo è suo. Il prezzo che ha versato è la sua morte in croce.
Armiamoci anche noi di pazienza, non lasciamoci prendere dalla sfiducia, crediamo nei nostri fratelli.
Amiamo, l’amore disarma i cuori.

 

 

PREGARE DIO PER I VIVI E I MORTI

Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo e goderlo per sempre in paradiso, e cioè per vivere sempre in comunione con lui.
Ognuno di noi lo prega dall’intimo del cuore, perché sa che Dio, suo creatore, è un padre buono e fedele ai suoi progetti e alle sue promesse.
La settima opera di misericordia spirituale c’invita a rivolgere a Dio una preghiera tutta particolare che ci sta molto a cuore, cioè la supplica e l’intercessione in favore dei vivi e dei defunti.
Quando la nostra domanda viene fatta nella viva fede di essere esauditi, e nel nome del Signore Gesù, nostro salvatore, e secondo la volontà del Padre Celeste, che vuole solo il nostro bene, allora siamo sicuri che la nostra preghiera sarà ascoltata.
Come e quando non lo sappiamo, però siamo certi che Dio non delude mai, se no non sarebbe Dio.
Pertanto dobbiamo ringraziare sempre anche prima di avere ricevuto la grazia richiesta.
Il cristiano possiede le primizie dello Spirito Santo, dono del Padre e del Figlio Gesù, tanto che il suo corpo è tempio vivo dello stesso Spirito.
Per questo egli è Figlio di Dio e pertanto vive nella sicura speranza della risurrezione per la vita eterna.
Già ora crediamo e amiamo così, anche se dobbiamo dibatterci, ogni giorno, nella condizione dolorosa della nostra fragilità umana.
Un giorno sarà piena e felice libertà per noi e per i nostri cari.
Quando preghiamo, parliamo con Dio, ci accostiamo a lui, e poiché lo facciamo con Cristo, noi stessi diventiamo “preghiera”, e siamo il “gemito ineffabile” dello Spirito Santo che in noi grida: “Abbà, Padre” (Rm 8,15).
Quando preghiamo, mettiamoci in sintonia con lo Spirito Santo per portare a compimento il progetto del Padre che vuole la salvezza di tutti gli uomini (1 Tm 2,4).
E poiché, a volte, non sappiamo domandare quello che ci conviene, allora lasciamo che lo Spirito Santo stesso “interceda con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili” (Rm 8,26).